Pitigliano
Il punto è strategicamente
importante e vicino ad un considerevole corso d’acqua con relativa sorgente; in
un anfratto, semioccultati dalla vegetazione, sono incisi sulla roccia dei
segni “che poi, dopo il primo stupore –riferiscono dall’Associazione Tages-
hanno rivelato la loro vera natura, rimandando direttamente alla medioevale
presenza sul luogo dei cavalieri del tempio, vale a dire i Templari. E’ ben
evidente la tipica croce e l’emblema della rosa, simbolicamente rappresentato
da un cerchio che racchiude un ottagono ed altri particolari che non lasciano
dubbi sulla loro origine. Il simbolo della rosa rimanda al ‘principio
femminile’, alla ‘rosa mistica’ e alla Vergine Maria; anche il numero dei
petali ha precise valenze simboliche: l’otto, in questo caso, ha un significato
di rigenerazione spirituale. La presenza dei cavalieri del tempio nel
comprensorio dei tufi non è messa in discussione da nessuno degli addetti ai
lavori, ma studi particolarmente approfonditi che svelino “l’effettiva presenza”
templare non sono stati ancora fatti”. “In alcuni punti della roccia sembra che
qualcuno abbia tentato di cancellare quei segni, non riuscendoci a causa
dell’altezza; questo tentativo potrebbe collocarsi temporalmente al periodo
della grande persecuzione, messa in atto da Clemente V e Filippo il Bello, cui
i templari furono oggetto. Il successore di Clemente V, Giovanni XXII, invitava
poi con apposite bolle pontificie a scalpellare e togliere di mezzo qualsiasi
segno riferibile ai cavalieri del tempio ‘affinchè se ne estinguesse la memoria
in eterno”.
Le incisioni rupestri preistoriche: una realtà storica del comprensorio dei tufi connessa al più vasto contesto europeo ed asiatico
Le coppelle preistoriche sono
incisioni rupestri artificiali di varie forme e dimensioni diffuse un po’ in
tutta Europa e non solo; in Italia le ritroviamo soprattutto nell’arco alpino
piemontese e lombardo, in Sardegna, Liguria ed altre regioni. In merito al loro
utilizzo, funzione e significato, ad oggi non esistono studi in grado di
svelare quello che rimane un vero e proprio mistero dell’antichità; le ipotesi
sono varie: si va dall’uso cultuale collegato alla madre terra, l’acqua e la
luce, fino alla raffigurazione di costellazioni oppure piante topografiche territoriali.
Una cosa è certa: esse costituiscono un’atavica espressione simbolica, forse la
prima che l’uomo ha sentito, ossia la necessità di trasferire sulla roccia,
come a creare un’empatia, fra ciò che percepiva in sé e l’ambiente a lui
esterno. A confermare le remote origini di queste incisioni particolarissime
basti pensare che in Dordogna, a La Ferrassie, è stata rinvenuta una necropoli risalente al paleolitico medio -120.000 – 36.000 anni fa-, periodo in cui
si diffuse in Europa l’uomo di Neanderthal, e sulla lastra di un sepolcro
compaiono una decina di coppelle artificiali di cui una di grosse dimensioni
con la ‘classica’ canaletta a fuoriuscire. L’archeologa americana di origini
lituane, Marija Gimbutas, la prima ad aver ipotizzato una cultura matrifocale
nell’Europa antica, considera le coppelle come le parti umide e vitali della
grande Dea –la madre terra-, generatrice e dispensatrice della vita,
simbolicamente collegate all’utilizzo degli antichi pozzi sacri e all’uso
terapeutico dell’acqua. Il suo culto raggiunse l’apice nel Neolitico e
nell’espressione artistica di quelle antiche popolazioni si manifesta con una
straordinaria varietà di segni, lineari e non, privi di immagini guerresche e
di supremazia maschile; essi rappresentano quell’antica e pacifica civiltà
europea che viveva in profonda simbiosi con i cicli della natura di cui la
donna era considerata l’espressione più importante. Ebbene, nel territorio dei
tufi ci sono testimonianze talmente numerose di queste incisioni rupestri
preistoriche sotto forma di coppelle, tali da abbracciare tutte le varie
tipologie conosciute; le troviamo sui pianori tufacei che modellano quasi a
renderli un paesaggio lunare; incise lungo enormi e scoscesi costoni
panoramici; all’interno delle gole dei torrenti; sui monoliti allineati e
disposti ad uso astronomico -come ha dimostrato lo studio condotto
dall’archeoastronomo Adriano Gaspani su Poggio Rota- in prossimità o comunque
all’interno di piccole necropoli neolitiche ed eneolitiche. Segni misteriosi,
simbolici, parte integrante di una capillare sacralizzazione cultuale del
territorio i cui significati sono ancora tutt’altro che chiari
Alcuni studiosi dell’associazione culturale Tages hanno individuato e documentato l’esistenza di questo straordinario patrimonio storico che connette l’area dei tufi al più vasto contesto europeo ed asiatico, poiché le stesse espressioni di arte rupestre preistorica si trovano nella zona del Caucaso, in Lituania, Bulgaria, Romania e Francia. Le incisioni sui costoni tufacei, a causa del dissesto idrogeologico, rischiano di scomparire da un momento all’altro; quelle sui pianori sono nascoste e protette dalla madre terra.
Solchi di carro
Sono presenti in poche località
dell’area mediterranea: Sardegna, Sicilia, Malta e in zone delimitate del
comprensorio dei tufi. Nel gergo comune li chiamano ‘solchi di carro’, ma come
sostiene il fisico Giulio Magli “i solchi tracciati dal passaggio continuo di
veri carri a ruote sulla pietra sono ben diversi da questi”. Con molta
probabilità queste suggestive incisioni lineari sono antecedenti all’età del
rame, ma sulla funzionalità della loro costruzione gli esperti propongono varie
ipotesi. Personalmente concordo con l’archeologa Claudia Sagona –Università di
Birminghan- la quale ha proposto un’ipotesi perfettamente adeguata al contesto
in cui sono inseriti i solchi di carro nel territorio di Pitigliano e che
l’Associazione Tages sta mappando. Secondo la studiosa suddetta tali solchi
avevano la funzione di convogliare le acque dai pianori verso i vicini
torrenti, in modo da trattenere il poco spessore di terra presente sopra la
pietra. Opere di drenaggio, insomma, per favorire le attività antropiche sul
territorio. Nel comprensorio dei tufi in cui sono presenti i ‘cart ruts’
abbiamo proprio questa caratteristica: tutti i solchi convergono verso piccoli
torrentelli in cui sono evidenti i resti di necropoli eneolitiche e neolitiche.
Al tempo stesso, tuttavia, tali solchi, insieme ad una serie di coppelle e
vasche di varie dimensioni atte a raccogliere le acque anche in luoghi non
pianeggianti, non possono che rimandare a probabili utilizzi cultuali di cui
oggi non abbiamo conoscenze precise.
PITIGLIANO: Un gigantesco e misterioso disegno rupestre
Il territorio dei tufi,
caratterizzato da crinali, pianori, corsi d’acqua per lo più torrentizi che a
volte si intersecano in anguste e strette vallate, conserva una straordinaria
presenza di opere rupestri che senza soluzione di continuità vanno dall’epoca
preistorica a quella medioevale. Soprattutto nei pressi dei torrenti o nei
costoni tufacei posti a strapiombo sulle vallate sottostanti, i nostri antichi
antenati hanno lasciato i segni evidenti della loro presenza: piccole necropoli
con le tipiche tombe a ‘forno’ ed incisioni rupestri di non facile studio ed
interpretazione, lasciano spazio alle ipotesi più disparate e suggestive. Di
grande impatto visivo ed emotivo è la gigantesca, straordinaria trama di
incisioni che caratterizzano un’enorme parete di tufo nei pressi di due
torrenti che si congiungono nella parte alta di una vallata. Completamente
rivolta ad Ovest, in virtù della sua posizione dominante e panoramica, essa
risulta ben visibile anche a chilometri di distanza. Al centro della parete di
tufo spicca un grosso foro circolare circondato da coppelle di varie forme e
dimensioni che vanno a formare enigmatiche, fitte linee geometriche e figure
poligonali. Sulla sommità della parete sono visibili i resti di quelli che
sembrano essere state delle grosse vasche adibite alla raccolta delle acque
probabilmente funzionali ad un uso cultuale; il costone tufaceo, a causa dei
vari strapiombi che caratterizzano l’intero paesaggio, non è facilmente
raggiungibile. Di primo acchito l’insieme della trama segnica rupestre fa
pensare ad una ipotetica mappa stellare finalizzata -interpretando i vari
giochi di ombre che il sole crea nei vari momenti della giornata durante il
susseguirsi dei periodi stagionali- all’individuazione di quei fenomeni
astronomici rilevanti –solstizi ed equinozi- che in tutte le culture antiche
condizionavano le attività agricole e le cerimonie religiose connesse ai
fenomeni eliaci. L’intera zona si caratterizza per la presenza di piccole
necropoli preistoriche, per questo si può desumere con una buona dose di
ragionevolezza che le incisioni del costone tufaceo appartengano a quel
lontanissimo periodo storico. Ma questa resta e vuol essere solo un’ipotesi la
cui conferma o smentita dovrà passare per un attento studio multidisciplinare e
comparato il quale, tenendo conto di analoghe strutture che in questi ultimi
anni sono state individuate e studiate dalla comunità scientifica, oltre
all’epoca storica, dia un’interpretazione plausibile di tutto il disegno
rupestre.